Freddezza e reclusione sono le prime sensazioni all’ingresso della “casa di custodia circondariale” di Ascoli Piceno, lì dove lo sguardo viene spezzato dalle sbarre ed i cieli uccidono la speranza di chi vi è rinchiuso.
Il carcere è situato entro la cinta delle mura urbane, al margine Sud-Est del centro storico di Ascoli Piceno; la sponda rocciosa a sinistra del torrente castellano si fonde con il forte, esaltando la potenza delle sue linee.
Accoglie per di più ragazzi appena diciottenni ed immigrati dall’Est Europa e Nord Africa per reati come lo spaccio, furti aggravati, associazioni a delinquere o resistenza a pubblico ufficiale.
Ma l’istituzione carceraria col passare del tempo ha maturato il metodo di trattamento del carcerato, passando dalla soppressione alla rieducazione.
Frasi scritte e disegni sui muri aiutano i detenuti a colorare a malapena lo sguardo, infatti una scritta nell’aula di attività ricreative cita: – RIEDUCAZIONE: li rende degni di essere liberi in quanto li educa ai valori della vita sociale e civile.
Ecco il nostro scopo, quello di capire, anzi comprendere che la dignità dell’uomo va oltre l’errore.
Molti di loro si impegnano in attività come l’alfabetizzazione, vanno a scuola per avere una seconda possibilità, altri invece svolgono lavori per cui ricevono un compenso simbolico o si tengono impegnati con attività ricreative come il teatro o la creta. Tutto questo aiuta i detenuti ad impegnare la giornata, ad imparare a rendersi utili e a limitare lo stress e le tensioni.
Il carcere è parte integrante della società ed è importante che chi sta al di fuori di esso sia consapevole dell’organizzazione e delle dinamiche interne.
Sicuramente il carcere è un contesto suggestivo e particolare, è un luogo dove molte emozioni sono celate, altre manifestate in modo esagerato e altre difficili da esternare o decodificare: per gli studenti è stata un’esperienza unica nel suo genere
Filippo Maria Gemini
(4°E ITIS)